Il Laboratorio
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La nostra storia
Dal 1931 l’Abbazia di Grottaferrata è sede del “Laboratorio di restauro del libro antico”, il primo laboratorio a carattere scientifico fondato per iniziativa della Direzione generale delle biblioteche ed accademie del Ministero dell’Educazione Nazionale, le autorità statali preposte all’amministrazione del patrimonio bibliografico italiano.
Il laboratorio, istituito in una sala dell’antica foresteria dei monaci, ha svolto da subito un ruolo importante, proprio quando in Italia il restauro librario maturò la sua più importante trasformazione, affermandosi definitivamente come attività che si basava contemporaneamente sulla ricerca scientifica e su una elevata e raffinatissima abilità artigianale.
Fino al 1930 quest’arte era esercitata soprattutto presso il laboratorio della Biblioteca Apostolica Vaticana oltre che, seppur in minor misura, presso la Biblioteca Nazionale Centrale “Vittorio Emanuele” di Roma.
Fu proprio in questo periodo che p. Nilo Borgia (1870-1942), bibliotecario dell’Abbazia fin dal 1909, ebbe l’idea di far nascere a Grottaferrata un laboratorio in cui i monaci potessero dedicarsi al restauro non solo dei loro preziosi manoscritti ma anche di quelli di altre biblioteche. In breve il laboratorio si ampliò con l’aggiunta di un locale annesso per il gabinetto chimico che aveva il compito di esaminare, diagnosticare e suggerire le diverse terapie per gli speciali “pazienti”.
In questi anni, grazie all’intervento del prof. Alfonso Gallo, ispettore superiore della Direzione Generale delle Biblioteche ed Accademie, nacque proprio a Grottaferrata il progetto dell’Istituto di Patologia del Libro con ambienti contigui al laboratorio che avrebbero dovuto ospitare, tra gli altri, reparti di chimica, fisica, meteorologia oltre ad un museo patologico del libro: idea grandiosa che richiamò sulla badia greca un vasto interesse sia italiano, sia internazionale.
Le crescenti esigenze scientifiche dell’Istituto fecero, però, ampliare il programma e spinsero a creare a Roma una sede più vasta, autonoma, con proprio personale di ruolo.
Fin dai primissimi anni della sua attività giunsero nel laboratorio di restauro di Grottaferrata numerosi manoscritti da varie biblioteche e località, quali: Palermo, Ancona, Spoleto, Trisulti, Fabriano, Viterbo, Messina, Chiusi, Siena, l’Aquila, Lanciano, Cosenza, Ruvo di Puglia. Le stesse prestigiose biblioteche romane della Vallicelliana e dell’Alessandrina ricorsero per i loro volumi malati alle cure dei monaci criptensi. Da notare, inoltre, come il lavoro non si limitasse al solo intervento materiale, ma comprendesse, in particolare per i manoscritti più importanti, anche un’analisi bibliografica e scientifica. Fu così che in un volume del sec. XIV della Vallicelliana si rintracciarono anche Omelie di s. Efrem dei secc. VI/VII.
Tra gli innumerevoli interventi di restauro è appena il caso di accennare ad alcuni di assoluto prestigio quali: il codice membranaceo del Typikòn di Càsole del sec. XII, ridotto in condizioni indescrivibili dall’incendio del 1904 della Biblioteca Universitaria di Torino; un Evangeliario greco del Tesoro di s. Marco, ridotto in pessime condizioni dall’umidità e proveniente dalla Biblioteca Morciono di Venezia; i tre rotoli in pergamena dei secc. XI/XII degli Exultet, provenienti dalla città pugliese di Troia.
L’alluvione di Firenze del 1966 vide i tecnici del laboratorio in prima fila. Infatti, fu lo stesso pontefice Paolo VI ad inviarli sul posto, dove prelevarono, dopo un primo indispensabile intervento contro gli effetti deleteri dell’acqua e del fango, oltre mille volumi che, condotti a Grottaferrata, furono tutti salvati e puntualmente recuperati.
Ma in assoluto il più prestigioso dei restauri effettuati da questa autentica Officina Librorum è stato quello delle oltre 1.000 carte vinciane del Codice Atlantico di Leonardo, che raccoglie disegni di macchine, studi di geometria, calcoli, vari appunti e note personali ed ebbe il titolo di “Disegni di machine et delle arti secreti et altre cose di Leonardo da Vinci raccolti da Pompeo Leoni“.
La situazione del codice era preoccupante. Dopo quattro secoli le colle, usate per comporre l’album, decomponendosi avevano infatti attratto insetti e tarme con deprecabili effetti, mentre iniziavano a diffondersi anche le muffe e l’ossidazione.
Era quindi necessario, innanzitutto, scollare le carte vinciane dal foglio di fondo: cosa tutt’altro che facile, visti i risultati di alcuni maldestri tentativi, eseguiti in epoca successiva alla seconda guerra mondiale, che avevano provocato la diluizione degli inchiostri. Bisognava poi effettuare la pulitura, la riparazione dei fori dei tarli, l’integrazione dei margini e delle lacerazioni.
Il delicato e difficile lavoro fu affidato al Laboratorio di Restauro del Libro Antico di Grottaferrata, che ottenne questo importante incarico il 28 dicembre 1962, nonostante la prestigiosa concorrenza del Laboratorio di restauro della Biblioteca Vaticana, dell’Istituto di Patologia del Libro e dell’lnstitut Léonard de Vinci di Amboise.
Nell’ambito delle celebrazioni per il Millenario dell’Abbazia è stata allestita una mostra che, dopo l’indispensabile ricerca sui documenti, potesse dare il dovuto risalto all’intensa e proficua attività sopra descritta attraverso una rassegna espositiva di alcuni dei numerosissimi capolavori che proprio qui, nella badia greca, sono stati salvati da un degrado a volte ai limiti dell’irreversibile.
Il Laboratorio Oggi
Nell’anno 2021 il laboratorio è stato completamente restaurato e rinnovato con arredi e strumenti all’avanguardia in ottemperanza alle più recenti indicazioni dell’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro (ICPAL)
Il laboratorio è stato inoltre dotato di un impianto di rilevazione incendi e un impianto anti-intrusione con controllo da remoto per garantire costantemente la sicurezza del materiale conservato.
Direttore Tecnico: Prof. Paolo Crisostomi
Direttore amministrativo: Dott. Fabio La Forgia
Il laboratorio di San Nilo si avvale di un organico di restauratori – conservatori laureati, diplomati e specializzati c/o l’ Universita di Tor Vergata e l’Istituto Centrale per la Patologia degli Archivi e del Libro.